Quando ci si trova a dover fare i conti con un "sospetto" di autismo inizia l'iter della valutazione del bambino che dovrebbe prevedere tre diversi metodi di valutazione: la valutazione diagnostica, quella normativa e quella funzionale.
La valutazione diagnostica non è altro che la valutazione medica, effettuata da uno specialista che, utilizzando manuali come il DSM, l'ICD 10 e il "0 to 3" offre un quadro clinico delle condizioni del bambino. Solitamente da questo tipo di valutazione si produce un punteggio cut-off, cioè si paragona il punteggio ottenuto dal bambino con una scala di valori in cui è indicata la norma ed il livello minimo di punti per non essere considerato autistico.
La valutazione normativa identifica, invece, quantitativamente il livello intellettivo (QI) o l'età di sviluppo mentale mettendo il soggetto in relazione con la norma.
Infine, più interessante dal punto di vista educativo - riabilitativo, vi è la valutazione funzionale. Quest'ultima serve a comprendere le abilità, le risorse, gli stili di apprendimento e le motivazioni peculiari del soggetto. Si focalizza sul cercare di rilevare come un individuo "funziona" accertando le sue abilità effettive e potenziali in monte aree, fra cui quelle essenziali per un funzionamento autonomo nei vari contesti di vita.
In questo tipo di valutazione si utilizzano sia strumenti formali (come il PEP 3, CAPIRE o la VINELAND) che strumenti informali, ossia l'osservazione in contesti meno strutturati rispetto ai test.
Questa è una valutazione individualizzata e specifica che mette in luce le aree di potenzialità e non solo i deficit. Inoltre è dinamica, perché soggetta per sua natura a modifiche periodiche sulla base dell'evoluzione del quadro permettendo anche una valutazione degli interventi.
Le informazioni ricevute da questi tre tipi di valutazione dovrebbero aiutare gli operatori a stilare il "programma educativo individualizzato" in cui si identificano le abilità quotidiane che è necessario sviluppare per raggiungere la massima autonomia.