mercoledì 9 marzo 2011

Giri di parole II

Quanta prosopopea quando parla il gatto

Vi sarà capitato spesso di leggere storie nelle quali esseri viventi, concetti astratti o oggetti vengono umanizzati e rappresentati come persone. Pensate, per esempio, al gatto, alla volpe, al grillo parlante nelle pagine di Pinocchio, agli animali parlanti nelle Favole di Esopo e di Fedro o nella Fattoria degli animali di George Orwell, al coniglio in panciotto in Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll. L'elenco potrebbe continuare a lungo. In tutti questi casi gli animali sono stati personificati: in fatti parlano proprio come persone.
Questo stesso processo di personificazione avviene anche quando si danno qualità umane a oggetti inanimati o idee astratte: pensate a frasi come "il mare mormora" o "il vento scrive sulla sabbia", oppure alla personificazione della Patria, rappresentata infinite volte nei poemi e nelle opere letterarie come una donna.


Si tratta, ancora una volta, di una figura retorica. Il suo nome, come sempre, viene dal greco: prosopopèa, che significa, appunto, personificazione.
La parola viene anche usata, in senso figurato, con il significato di "tono pomposo, aria di solennità eccessiva e ridicola, di atteggiamento di presunzione e arroganza", in frasi come: "parlare, comportarsi con prosopopea, la prosopopea dei pedanti, ecc".



Materiali:

San Martino testo poetico di Giosuè Carducci

Il vento da "La natura nelle poesie di adulti e bambini" di Mario Lodi

Marzo testo poetico di Giorgio Caproni

Da: Popotus, 19 Febbraio 2011

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