Tic tac, din don dan, bip bip, brrr, crac, bau bau, miao, cip cip, patapùm, taratatà, chicchirichì: chissà quante volte avete pronunciato queste parole, fin da quando eravate piccolissimi. Le parole di questo tipo, che imitano suoni, rumori, versi di animali, si chiamano onomatopèe. Il termine onomatopèa viene dalla lingua greca, e significa, all'incirca, "creazione di parola".Queste parole, infatti, sono state create con l'intenzione di riprodurre suoni naturali o artificiali.
Le onomatopèe le usiamo tutti, e le hanno usate anche i poeti. Dante Alighieri, nel decimo canto del "Paradiso", scrisse un verso nel quale imitò il rumore di un orologio:
come orologio tin tin sonando così si dolce nota
Giovanni Pascoli, nella poesia "La mia sera", per imitare il verso delle rane scrisse:
nei campi c'è un breve gre gre di ranelle
Aldo Palazzeschi, nella poesia "La fontana malata" riprodusse così il rumore dell'acqua che cade:
clof, clop, cloch, cioffete, cloppete, clocchete, chchch...
Del resto, se ci pensate bene, sono onomatopèe, all'origine, anche quelle che si possono leggere continuamente nei fumetti:
- bang (dall'inglese bang, cioè colpo);
- crash (dall'inglese to crash, cioè crollare rumorosamente);
- gulp (dall'inglese to gulp, inghiottire);
- slurp (dall'inglese to slurp, cioè mangiare rumorosamente);
- sob (dall'inglese to sob, ossia singhiozzare);
- roar (dall'inglese to roar ruggire, rombare);
- slam (dall'inglese to slam, chiudere con forza);
- ...
Materiali:
Gli oggetti volanti i suoni onomatopeici nei fumetti
Notte di Novembre testo poetico di Adelaide Crapsey
Da: Popotus, 26 Febbraio 2011
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