venerdì 25 marzo 2011

Rudolf von Laban

In Germania era sorta, negli anni tra la prima e la seconda guerra mondiale, una nuova corrente di danza, frutto della fortunata combinazione di due personalità innovatrici, l'una sotto il profilo teorico, l'altra sotto quello più propriamente espressivo. Si tratta di Rudolf von Laban, il creatore di una nuova logica del movimento, e di colei che uscì dal suo insegnamento, Mary Wigman, la maggiore esponente della danza moderna tedesca.

Nato a Bratislava nel 1879, Rudolf von Laban fondava nel 1911 a Monaco di Baviera la sua Scuola di Danza Libera del Centro Europa; i suoi più noti discepoli, nonché futuri collaboratori, furono Mary Wigman e Kurt Jooss. La prima, allieva e compagna del teorico ungherese, avrebbe poi finito per reagire violentemente contro i principi del suo maestro, fondando una scuola autonoma.


Jooss, da parte sua, opererà efficacemente una sorta di sintesi artistica tra il balletto accademico e la danza espressionista, tramite una serie di composizioni satiriche tra il macabro e il grottesco, costruite sulla base della tecnica classica.


Ciò a cui mirava von Laban era essenzialmente una spiegazione del movimento in termini razionali. Tale tentativo equivaleva a cogliere la fonte del movimento stesso in base alla comprensione di quella parte dell'interiorità umana da cui nasce l'azione. Secondo lo studioso, infatti, esiste un rapporto diretto e costante tra la motivazione interiore da una parte e la sua espressione esterna nel gesto dall'altra: concezione questa che accomuna tutti i creatori della danza moderna. Ciò che si configura come fattore peculiare e distintivo di von Laban è l'aver concepito tale rapporto come definibile in termini quasi matematici: la sua ricerca è volta a rintracciare l'esistenza del nesso imprescindibile che lega la sorgente volitiva del gesto al gesto stesso. Nella sua prospettiva, soltanto un'analisi di questo tipo può far cogliere l'intimo significato della danza, del come e del perché il movimento si trasfigura in arte.
In "The Mastery of Movement" lo studioso giunge a definire la significatività del gesto tramite la classificazione dei movimenti come centrifughi (dal centro verso la periferia, gli arti) e centripeti (dagli arti verso il centro, il tronco), distinguibili attraverso quattro condizioni che li rendono manifesti:
  1. l'uso di una zona particolare del corpo, la zona che si muove;
  2. la direzione del movimento del corpo nello spazio;
  3. il ritmo di sviluppo della sequenza motoria e il tempo in cui viene eseguita;
  4. la posizione degli accenti e l'organizzazione delle fasi.

Von Laban ha voluto dare applicazione pratica a questa sua concezione tramite la creazione di alcune coreografie senza musica oppure con il solo accompagnamento di strumenti a percussione: per esempio Prometeo, Titan e Don Giovanni.
Nella storia della danza moderna, egli è uno dei primi a reclamare la soppressione del supporto musicale: un punto di vista che verrà ripreso da molti dei danzatori di questo secolo, i quali cercheranno di risolvere in tal modo il complesso rapporto musica-danza.
Sulla base ritmica del movimento che gli scaturisce da dentro, il danzatore trasfigura in simbolo la realtà della vita, che è tensione volitiva verso uno scopo immanente o trascendente. Rudolf von Laban può in questo modo giungere a definire il nesso costante tra necessità interiore e movimento. La danza è evocazione di vita, in quanto evocazione degli eterni rituali dell'umanità da una parte, rapporto intimo con la natura attraverso il ritmo dall'altra.


Da: "La danza moderna" di Leonetta Bentivoglio, Edizioni Longanesi & C.

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