lunedì 20 febbraio 2012

Cos'è l'arte moderna?

Per me, nell'arte non esiste né passato né futuro
Picasso


Per vari motivi in questo periodo sto entrando in contatto con l'arte moderna... Cos'è però?
Per rispondere a questa domanda vi consiglio di leggere un piccolissimo saggio, edito da Skira, dal titolo "Breve storia dell'arte moderna" di Jean Clair.


Secondo Clair l'arte moderna sarebbe quella prodotta fra il 1905; nascita del fauvisme; e il 1968-1970; con la grande rivolta libertaria. Analizzando però più da vicino l'arte precedente al 1905 ci si può accorgere che già nel romanticismo erano presenti le caratteristiche salienti dell'arte moderna: l'esaltazione del genio creatore, il prediligere lo scaturire spontaneo, ...
A far maturare questa corrente artistica sarebbero state tre personalità intellettuali: Weininger, Schopenhauer e Nitzsche. Questa sarebbe la grande triade moderna: sesso, sangue e morte.

Nel XX secolo si assiste ad un proliferare di forme senza precedenti frutto del grande smarrimento davanti all'impossibilità di trovarne una che sia soddisfacente e definitiva. L'artista è smarrito perché si trova di fronte alla moltiplicazione delle sfide iconografiche: la scienza rivela all'uomo del XX secolo la diversità dei fenomeni di cui le arti espressive non riescono a non possono rendere conto. Infine, c'è sgomento nel vedere restringersi sempre più l'ambito che è proprio dell'arte. L'arte è ormai solo lo scarto dei saperi e si ha dunque l'impressione che l'opera d'arte diventi un "bricolage" (Claude Lèvi-Strauss), un'approssimazione teorica sempre più arbitraria.


Le opere d'arte prodotte dagli artisti moderni sono "totali" nella misura in cui pretende, anche se incompleta, di esprimere, in quanto frammento, l'essenza dell'universo, e ciò in base all'assunto che esisterebbero dei collegamenti fra le diverse forma d'espressione.



In verità credo che ciò che chiamiamo arte sia destinato a sparire o a diventare irriconoscibile.
Queste parole, pronunciate nel dicembre del 1902 da Valèry, rappresentano un lucido presagio: la modernità pretende infatti di promuovere l'avvento dell'idea di arte pura, risparmiandosi però la fatica di realizzare opere e di essere artisti.

La storia dell'arte moderna si intreccia do doppio filo con quella dei totalitarismi.
In Italia, sotto Mussolini, l'arte ha conosciuto uno dei suoi periodi più brillanti e ciò perché Mussolini era affiancato da consiglieri come Bottai e Margherita Sarfatti.


In Germania la storia ha prodotto un percorso più contorto:fra il 1931 e il 1933 molti artisti, in tutti i campi, sono affascinati dal nazional-socialismo. Questi artisti; come Heidegger, Nolde e Strauss; predono le distanze dopo il 1933, quando ha inizio la campagna contro l'"arte degenerata" il nazismo mostra la sua vera natura. Il peggio, in Germania, si ha però con la contaminazione dell'intero retaggio culturale con i valori portati avanti da questo totalitarismo.
In Russia molti artisti degli anni Venti si suicidano, emigra o muore nei gulag negli anni Trenta.
Insomma, l'utopia di annunciare la venuta di un "uomo nuovo" si trasforma in un incubo.

Nell'arte moderna un punto emerge: non più "vedere", neppure "pensare", ma "sentire".


Un'estetica del disgusto sembra oggi aver preso il posto dell'estetica del gusto che ha dominato l'arte dal 1750 al 1970, ma è troppo presto per trovare un senso a questo fenomeno.


Per approfondire vi consiglio: "Breve storia dell'arte moderna", Jean Claire. Skira edizioni

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