Sfruttando il ponte sei Santi eccomi di ritorno a Milano essenzialmente per visitare la mostra più attesa dell'anno: "Picasso - Capolavori dal Museo Nazionale Picasso di Parigi".
La mostra, nonostante sia aperta dal 20 Settembre, riscuote ancora moltissimo successo e lo dimostra la fila che ho trovato ad attendere l'apertura alle 9.15. Dopo una mezz'oretta di attesa nei cortili di Palazzo Reale un addetto alla sicurezza ci ha fatto salire lo scalone diretti alla biglietteria (biglietto intero 9,00 euro) e al ritiro dell'audioguida ( 5,00 euro).
La prima parte della mostra; accessibile anche senza biglietto; presenta documenti, locandine e pagine di giornali che mostrano l'accoglienza di Milano per Picasso durante la sua ultima esposizione in città. Era il 1953 e, dopo Roma, Picasso richiamò nelle sale di Palazzo Reale circa duecentomila visitatori per quella che fu una delle prime mostre in questa sede espositiva.
La mostra del 1953 riscosse moltissima fortuna anche per la presenza del famossimo quadro "Guernica" dipinto da Picasso come risposta al primo massacro di civili inermi della storia. Inizialmente, però, il quadro non doveva essere esposto ma Picasso venne convinto da Attilio Rossi a portare la grande opera a Milano promettendogli una magnifica cornice: la sala delle Cariatidi di Palazzo Reale, bombardata durante il secondo conflitto mondiale.
Nella mostra attuale l'opera non è presente, ma la sua presenza viene resa con l'uso di un'immagine video-proiettata e di alcuni bozzetti preparatori.
Nella stessa sala è presenta un'altro quadro di forte rilievo civile: "Massacro in Corea" del 1951.
Il quadro, che richiama un dipinto di Goya, nel 1953 non venne esposto a Roma per ragioni diplomatiche mentre Milano scelse di renderlo visibile nonostante l'avversione statunitense per la tela.
Il percorso espositivo, da questo momento, inizia a seguire un andamento più cronologico che permette di cogliere le evoluzioni stilistiche del pittore iberico, dalle origini fino alla morte passando per tutti i suoi "periodi".
Il quadro che ho apprezzato maggiormente del "giovane Picasso" è sicuramente "La morte di Casagemas":
nel quadro, preludio del periodo Blu dell'artista, è ritratto un amico di Picasso con cui il pittore si era recato a Parigi. Il giovane Casagemas, innamoratosi di una fanciulla parigina, non ricambiato decise di uccidersi sparandosi alla tempia.
I colori e i tratti ricordano molto l'opera di un'altro grande pittore del '900:
Van Gogh, che Picasso ha modo di osservare a Parigi.
Rappresentativo del periodo Rosa è invece un'altro quadro: "I due fratelli".
Quadro questo, del 1906, che rappresenta forse due acrobati di un circo in una posa plastica, soprattutto il maggiore, che ricorda le statue classiche presenti al Louvre.
L'evoluzione artistica di Picasso lo porta quindi ad attraversare un periodo che risente molto dell'arte africana, analizzata nella sua componente estetica che porteranno il pittore, dopo attenti studi ad approdare al famoso quadro "Les Demoiselle d'Avignon" (non presente alla mostra). Nel percorso espositivo è presente uno di questi studi per una figura maschile che non verrà poi realizzata:
Il soggetto ritratto in questo studio del 1906 è lo stesso Picasso e si può notare come lo studio della figura umana stia portando il pittore verso un appiattimento delle forme.
Questo processo porterà Picasso verso il cubisto, ben rappresentato ad esempio dall'opera del 1911: "Uomo con chitarra".
Picasso esplorò anche la tecnica del collage che gli permise di fondere pittura e scultura, arte e vita utilizzando per queste opere oggetti di uso quotidiano affiancati a ritagli ed elementi pittorici ispirati dai caffé parigini.
L'esplorazione di Picasso, che si era spinta fino agli estremi delle avanguardie, ebbe intorno agli anni 20 del '900 un ritorno al classicismo ispirato da un viaggio che l'artista fece in Italia. Sono di questo periodo capolavori come "Ritratto di Olga in poltrona" e "Paulo nei panni di Arlecchino".
La donna raffigurata in questo dipinto, la ballerina Olga Chochlova, divenne dopo una relazione con il pittore sua moglie. Picasso trasse ispirazione per questo quadro da una foto che venne scattata alla consorte.
Ad ispirare invece questo quadro fu Paulo, figlio del pittore e di Olga, che qui viene rappresentato all'età di 3 anni con indosso i vestiti di Arlecchino in una sorte di fusione di identità con il padre che soleva usare Arlecchino come alter ego.
Le donne della sua vita ispirarono sempre le opere di Picasso: dopo alcuni anni di matrimonio il pittore iniziò un rapporto extraconiugale con
Marie Terese Walter, giovanissima ragazza bionda dai lineamenti molto procaci, che ispirò opere come "Nudo sdraiato" del 1932 in cui la sessualità viene giustapposta alla fertilità della terra.
La figura di Marie Terese si ritrova, iconograficamente, anche nel quadro "Corrida: la morte del torero", dipinto del 1933 che si presta a molteplici interpretazioni.
Picasso, molto appassionato a questo tipo di intrattenimento, dagli anni '30 inizia ad utilizzare il toro come simbolo della sua identità spagnola e più profondamente come rappresentazione di sé stesso. In particolare, in questo dipinto che rappresenta un toro che incorna il cavallo del torero che viene poi disarcionato, i critici hanno visto nel toro lo stesso Picasso, nel cavallo ferito la moglie Olga e nel torero l'amante Marie Terese.
Questa relazione amorosa con Marie Terese Walter terminò quando il pittore si innamorò di Dora Maar, donna forte, pittrice e fotografa dal temperamento ardente che Picasso cercò di rendere in uno dei suoi capolavori con colori forti e linee spigolose.
Dopo la fine della relazione con la Maar Picasso incontrò in una fabbrica di ceramica una studentessa,
Françoise Gilot con la quale si sposò ed ebbe due figli. Fu lei, l'unica, a lasciare l'artista stanca delle sue infedeltà.
A questo periodo (1953) appartiene il quadro intitolato "L'ombra".
L'ombra è lo stesso Picasso che entra nella camera da letto che ha condiviso con la giovane Françoise. Lo spettro di lei, nuda sul letto, e dei bambini (rappresentati dal carro giocattolo in alto a sinistra) sono ancora presenti nella stanza e vengono catturati dalla tela del pittore.
L'ultimo periodi di vita di Picasso è contraddistinto da una grande prolificazione artistica: per cercare di sopperire le carenze fisiche, il pittore produce moltissimi quadri che celebrano i grandi maestri del passato e soprattutto
Rembrandt a cui si ispira in due tele presenti alla mostra: "Musicista" (1972) e "Il matador" (1970). In particolare il secondo quadro risulta interessante in quanto Picasso si rappresenta come una via di mezzo tra un matador (simbolo delle sue origini spagnole) e un moschettiere (simbolo della sia ammirazione per gli antichi maestri).
La mostra termina con una grande tela del 1969: "Il bacio", in cui un uomo vecchio (Picasso) bacia una giovane donna dai lineamenti esotici.
La mostra, secondo me molto curata nell'allestimento, permette di assistere, lungo le sale di Palazzo Reale, all'evolversi dell'arte di Picasso ammirando da molto vicino capolavori inestimabili ormai patrimonio della storia dell'arte moderna.
Nonostante la grandissima affluenza di pubblico, soffermarsi sulle diverse opere, osservarle da vicino ed ascoltare l'audioguida non è stato per nulla faticoso ed anche i bambini mi sono sembrati molto coinvolti dall'audioguida preparata apposta per loro e segnalata molto bene con un disegnino.