- Se un bambino ti domandasse che cosa significa coreografo, che cosa gli risponderesti? - chiese David, sprofondato nella più grande poltrona di Gerald. La cena era finita, e i due uomini sedevano accanto al fuoco.
- Puoi sempre dire che deriva dal greco, choros danza e grafein scrivere - suggerì Gerald.
- Scrittore di danze! - sorrise David. - Questa spiegazione non ci dà un grande aiuto, visto che l'unica cosa che un coreografo non fa è scrivere!
- Chi te l'ha fatta quella domanda? - volle sapere Gerald.
- La bambina della mia padrona di casa - rispose David. - Ha appena incominciato la scuola di ballo, e avendo scoperto che il mio lavoro c'entra in qualche modo, vuole sapere che cosa faccio e perché.
- Che cosa le hai risposto?
- Che stabilisco i passi per i ballerini.
- Abbastanza giusto - disse Gerald.
- Mi ha detto che allora anche lei è una coreografa, poiché stabilisce i passi che deve fare, e naturalmente io mi sono trovato molto impacciato a tentar di spiegarle che in realtà si tratta di qualche cosa di più.
- E' molto difficile spiegare cosa sia la coreografia. - Gerald prese una sigaretta dalla scatola che gli stava accanto sul tavolo, e la osservò pensosamente.
- E' strano; poche persone, estranee al mondo del balletto, ne sanno qualcosa - disse David. - Alcuni credono persino che i ballerini inventino i loro passi al momento, sul palcoscenico.
- Ispirati dalla musica - mormorò Gerald.
- Sì. Rimangono molto stupiti apprendendo che i passi vengono attentamente studiati e provati in precedenza.
- Il coreografo, insomma, è prima di tutto il disegnatore della danza: una specie di architetto - disse Gerald. Egli pensava allo schema su cui ogni danza era costruita: un insieme di curve e di linee tracciate dai piedi dei danzatori, nel loro movimento sul palcoscenico. Il coreografo vi lavorava come l'architetto alla fondamenta della casa. Petipa lo schizzava sulla carta: le linee diagonali ce il corpo di ballo percorreva sul palcoscenico; l'ampia curva di una processione, i cerchi intersecantisi dei solisti.
Questo disegno viene perduto, generalmente, dal pubblico della platea. Solo gli spettatori della galleria, che osservano il palcoscenico dall'alto, possono pienamente ammirarne la perfezione.
Soltanto quando è stabilito il disegno, il coreografo lavoro al vero e proprio enchaînement dei passi: e a questo punto cessa di essere un architetto, e diventa veramente un artista, perché crea la bellezza, come un pittore o uno scultore. Ma questa bellezza non è fissata su una tela, o racchiusa in un blocco di marmo; si muove viva sulla ribalta, per essere meglio apprezzata, questa volta, dal pubblico della platea.
Il lavoro del coreografo non finisce qui: non basta creare semplicemente una bella danza. Occorre anche comunicare uno stato d'animo, o un'emozione. [...]
Infine il coreografo deve anche raccontare la storia. L'azione di un balletto, di solito, viene raccontata mimicamente. [...]
Quando Petipa, però, doveva dare delle notizie più complesse, usava uno speciale sistema di gesti che si era stabilito a poco a poco. Sembrava un alfabeto muto. La mano intorno al viso significava "bellezza", il pugno chiuso e le braccia incrociate, "morte". Toccarsi alternativamente le spalle con la mano piatta significava "soldato"; la mano sul cuore voleva dire "amore".
Al tempo di Petipa c'era una lunga lista di questi segni convenzionali: impararli faceva parte dello studio d'ogni ballerino. Tutti i coreografi dell'epoca li usavano, e tutti i gli spettatori abituali del balletto li conoscevano e li interpretavano facilmente.
Solo all'inizio del ventesimo secolo, con l'affermarsi della nuova concezione del balletto, questo alfabeto muto scomparve. I coreografi moderni preferiscono sostituirlo con una mimica più immediata [...]. Essi sottolineano i gesti naturali e l'espressione di ogni singolo personaggio, adattandoli alla storia in modo che il pubblico capisca quello che avviene senza dover conoscere un linguaggio convenzionale, o studiare prima la lunga nota stampata sul programma.
- Si potrebbe anche dire che il coreografo è come un direttore d'orchestra - notò David, dopo una lunga pausa. - Dirige i ballerini come il direttore i musicisti.
Infatti gli considerava i danzatori della Aston Company nello stesso modo in cui Ernest, il direttore d'orchestra, considerava i sonatori. Entrambi erano dei mezzi attraverso i quali sia il coreografo che il direttore d'orchestra potevano esprimere la loro arte: il primo dando vita ad un nuovo balletto o ricreandone uno classico secondo un gusto del tutto personale; il secondo eseguendo una propria composizione o interpretando una delle grandi sinfonie.
- Sì, - precisò Gerald - la danza è la musica che tu dirigi. I vari passi sono per te ciò che le note sono per un compositore.
- Eppure molti pensano che un balletto sia una ripetizione all'infinito della stessa successione di passi - disse David. - Ammettono senza difficoltà che un compositore possa variare illimitatamente la successione delle note su una tastiera, ma si stupiscono apprendendo che i movimenti umani possono essere usati allo stesso modo, e combinati in un numero infinito di danze originali.
- Eccoti a posto - rise Gerald. - Puoi dire alla bambina della tua padrona di casa che il coreografo è l'architetto, l'artista, il direttore e il compositore della danza. Rimarrà molto colpita! E subito vorrà sapere dove si impara tutto questo!
Da: Il balletto classico, di J. Selby-Lowndes
Nessun commento:
Posta un commento