sabato 26 febbraio 2011

I bambini che fecero l'Italia

Centocinquant'anni fa si cresceva in fretta. A dieci anni già si lavorava e capitava anche di venir arruolati

Quando l'Italia era ancora divisa, prima del 1861, i bambini dovevano diventare grandi in fretta. Le famiglie erano molto numerose, magari con dieci fratellini, e spesso non c'era da mangiare abbastanza per tutti: così, per aiutarsi l'un con l'altro, si iniziava a lavorare molto presto, fin dagli otto, dieci anni. Soprattutto nei campi, perché all'epoca gli italiani erano quasi tutti contadini; in città, quei bambini diventavano apprendisti nelle botteghe degli artigiani: fabbri, falegnami, panettieri.
Si soffriva per la povertà, ma si soffriva anche per le malattie e quindi il rischio di morire giovani era molto alto. Infatti erano tanti i bambini che rimanevano senza genitori e venivano accolti, di soli da frati e suore, negli orfanotrofi. Per questo non era strano che già a undici o dodici anni qualcuno di questi bambini-lavoratori diventasse un bambino-soldato; un po' come succede oggi in tanti Paesi del Terzo mondo; e che nel Risorgimento, la grande impresa che ha portato l'Italia a diventare una sola nazione, fossero presenti anche dei ragazzini. Avevano dovuto crescere in fretta, e nell'età in cui oggi si va alla scuola media, allora andavano in battaglia.

G. Toma, Piccoli patrioti http://www.fondazionegaribaldi.it


Da: Popotus, 24 Febbraio 2011

venerdì 25 febbraio 2011

Che l'inse?

E Balilla lanciò il primo sasso

Balilla
Giovan Battista Perasso http://www.comune.montoggio.ge.it

Tutti i bambini che hanno partecipato alle battaglie del Risorgimento avevano un loro mito: Balilla.
Balilla era il soprannome di un bambino; non sappiamo esattamente quanti anni avesse; di Genova, che in realtà si chiamava Giovan Battista. E' vissuto nel Settecento: anche allora l'Italia era divisa e occupata dai soldati stranieri. Nel 1746 nella sua Genova c'erano gli austriaci, che facevano soffrire molto la popolazione. I genovesi erano sempre più arrabbiati; alla fine scoppiò la rivolta e gli austriaci furono costretti a scappare. A dare il via alla rivoluzione era stato proprio Balilla, tirando il primo sasso contro i nemici; tutti gli altri l'avevano poi seguito. Purtroppo alla fine di quella guerra gli austriaci riuscirono a vincere e a tenere ancora l'Italia divisa. Però il gesto di Balilla fu un esempio per tante persone, non solo bambini: quelle che un secolo dopo, con il Risorgimento, sarebbero riuscite a unire davvero l'Italia.

Particolare del quadro di "Rivolta di Portoria" (G. Comotto)


Da: Popotus, 24 Febbraio 2011

Garibaldi blues

Il Risorgimento e l'epopea dei Mille nelle canzoni popolari italiane



La cultura romantica affida alla musica e alla poesia il compito di esprimere i sentimenti patriotici. In particolare Mazzini sollecitava all'uso del coro come espressione popolare.

Il Risorgimento ha fatto ricorso, non solo all'opera lirica e al melodramma, ma anche alla canzone popolare, cioè quei componimenti su arie di facili presa diffuse soprattutto tra il popolo.
Alcuni esempi possono essere:






Di questo periodo è "Il canto degli italiani", il nostro inno di Mameli, che però non riscosse il favore della critica in quanto troppo complesso e di non immediata comprensione.




Molto più successo riscosse, invece, "La bella Gigogin", che debuttò ufficialmente il 31 dicembre 1858 nel Teatro Carcano di Milano durante un concerto della Banda Civile. Il testo presenta molte allusioni politiche: Vittorio Emanuele II, erede di Carlo Alberto, è chiamato a fare avanti un passo.



Nelle canzoni risorgimentali la figura di Giuseppe Garibaldi è sicuramente la più presente.







L'"Inno a Giuseppe Garibaldi", o "Canzone italiana" come venne chiamata in origine, fu scritto da Mercantini su sollecito dello stesso Garibaldi che non rimase però soddisfatto del componimento, ritenendolo troppo macabro.



Garibaldi è presente anche in moltissimi ritornelli dialettali come, ad esempio:

Ch'è beddu Caribardu ca mi pari
san Michiluzzo arcancilu daveru
la Sicilia la vinni a libbirari
e vinnicari a chiddi ca mureru
quannu talìa, Gesù Cristu pari
quannu cumanna Carlu Magnu veru.



L'idea di Garibaldi traditore delle masse trova la sua esemplificazione musicale nell'"Inno dei lavoratori siciliani" che utilizza la melodia del "Il canto degli italiani".

Garibaldi sparisce dalle scene musicali durante tutta la Prima guerra mondiale, per ricomparire negli anni '20 con una canzone di Zara I: "Camicia garibaldina".
In epoca più recente troviamo moltissimi richiami a Garibaldi:















Liberamente tratto dall'intervento del professor L. Toccaceli al convegno "Milano da Leggere"

giovedì 24 febbraio 2011

Dante nel Risorgimento

Dante Alighieri irrompe nell'800 a diversi livelli.

Il più scontato è, sicuramente, quello della critica letteraria sulla sua opera maggiore, la "Divina commedia".

Più interessante è invece il rapporto tra la critica letteraria e la figura dell'Alighieri.
Citando solo alcuni dei critici che hanno scritto su dante possiamo parlare, in primo luogo, di Giulio Perticari. Lo scrittore italiano (1779-1822) inizia a costruire un Dante portatore di alti valori morali e virtuosi. Perticari, inoltre, assurge il poeta al ruolo di padre della lingua italiana e modello di letterato.
Il noto poeta Ugo Foscolo (1778-1827); che pochi sanno essere stato anche un critico; dà inizio all'europeizzazione della figura di Dante, sottolineando anche la sua attualità. Mazzini (1805-1872), in seguito, riprenderà questa idea ed esorterà tutti gli italiani a leggere i versi di Dante e non i suoi commenti.
Carlo Cattaneo (1801-1869) si concentra invece, polemizzando con Balbo, sull'immagine fisica di Dante riprendendo l'idea cosmopolita di Foscolo.
La definizione dell'immagine dell'Alighieri, nel Risorgimento, si chiude con De Santis (1856-1859).

Uno stretto rapporto è esistito anche tra Dante e gli scrittori risorgimentali.
In alcune opere come "Ultime lettere a Jacopo Ortis" o "Sepolcri", chiari sono i riferimenti al poeta: Jacopo è un esule come Dante e, come lui, considera la viltà come il peggior crimine. Nei "Sepolcri", invece, viene coniata l'espressione "ghibellin fuggiasco" che, da quel momento, indicherà Dante.

[...] Te beata, gridai, per le felici

aure pregne di vita, e pe’ lavacri

che da’ suoi gioghi a te versa Apennino!

Lieta dell’ aer tuo veste la Luna

di luce limpidissima i tuoi colli

per vendemmia festanti, e le convalli

popolate di case e d’oliveti

mille di fiori al ciel mandano incensi:

e tu prima, Firenze, udivi il carme

che allegrò l’ira al Ghibellin fuggiasco,

e tu i cari parenti e l’idïoma

désti a quel dolce di Calliope labbro

che Amore in Grecia nudo e nudo in Roma

d’ un velo candidissimo adornando,

rendea nel grembo a Venere Celeste;

ma piú beata che in un tempio accolte

serbi l’itale glorie, uniche forse

da che le mal vietate Alpi e l’alterna

onnipotenza delle umane sorti

armi e sostanze t’invadeano ed are

e patria e, tranne la memoria, tutto. [...]


Leopardi, invece, riprende da Dante l'idea di indignazione di fronte al mal costume dilagante.

Rispetto all'immagine che ci viene data dalla letteratura, nelle arti figurative Dante ci appare molto spesso pensoso, in disparte e mai al centro della scena.

W. Blake, Dante all'inferno http://it.wikipedia.org

D. G. Rossetti, Sogno di Dante alla morte di Beatrice http://www.arteestoria.com

A. Scheffer, Le ombre di Paolo e Francesca http://sauvage27.blogspot.com

In Doré vediamo Dante sempre rappresentato o accanto a Virgilio o inginocchiato verso le altre figure presenti.
G. Doré, La Divina Commedia di Dante http://commons.wikimedia.org

G. Doré, La Divina Commedia di Dante http://forum.wowis.org

Un ultimo livello può riguardare il rapporto tra Dante e la musica.
L'esempio più calzante, in quest'ottica, è l'aria del "Nabucco" di Verdi "Va pensiero". In quest'aria T. Solera riprende il lessico dantesco e la figura dell'ebreo che lo stesso Dante aveva tracciato.

Liberamente tratto dall'intervento della professoressa G. Nuvoli al convegno "Milano da Leggere"

mercoledì 23 febbraio 2011

La danza etnico-popolare

Nel corso della storia dell'uomo la danza ha assunto diversi ruoli: da una valenza rituale-sacrale si è passati a considerarla un mezzo per mettersi in contatto con la divinità e le forze superiori fino a rappresentare un mezzo di coesione e catarsi.
Le danze popolari; cioè create ed eseguite dal popolo; venivano eseguite in occasioni particolari, spesso legate al lavoro (semina, raccolto, vendemmia,...) , a particolari eventi legati alla vita dell'uomo (nascita, battesimo, matrimonio,...) o a feste religiose.
Ogni paese del mondo ha le sue danze, ma tutte portano al loro interno valori sociali ed interculturali fortissimi. La danza popolare sviluppa:
  • la motricità,
  • la consapevolezza dello schema corporeo;
  • la relazione e i rapporti interpersonali;
  • il rispetto;
  • la tolleranza.
Alcune danze popolari affondano le loro radici nel Medioevo, come la Carola che nasce proprio in quel periodo come "danza in fila", cioè eseguita formando un grande "serprentone".
Nel Novecento, in Romagna, nasce ad esempio la Vinchia. Questa danza è un esempio di danza in cerchio, figura molto cara alle danze popolari in quanto i partecipanti hanno tutti la stessa importanza e hanno l'opportunità di guardarsi negli occhi.



Alcune danze prendono spunto da movimenti quotidiani e raccontano, usando anche la pantomima, semplici storie. E' questo il caso del "Bral delle lavandaie", danza storica di origine francese che racconta l'amore tra due contadini.

In Spagna, una danza popolare molto diffusa è il flamenco.
L'origine del termine "flamenco" è incerta ma la tesi più accreditata la fa derivare, oggi, dalla parola "fiammingo". Nato come canto, solo dall'800 si arricchisce del suono della chitarra e del ballo.
Mentre il flamenco vero e proprio non si compone di passi codificati, le Sevillanas seguono una codifica ben precisa. Questa danza tipica di Siviglia viene ballata soprattutto in occasione di feste importanti come la "Feria de Abril".



Nelle Sevillanas è molto frequente l'utilizzo delle nacchere che, nel flamenco più puro, non vengono usate. Il loro utilizzo inizia a diffondersi nel mondo flamenco dall'800 per seguire il gusto dei turisti.

Di origine popolare sono anche tutti i balli Caraibici come la Rueda de Casino, il Mambo, il Merenque e la Bachata.



Tutte queste danze si originano sostanzialmente da due filoni di musica: la Salsa (Cubana, Portoricana o di New York) e la musica domenicana, che nasce all'inizio del '900 come derivazione dalla danza cubana e portoricana. Questi filoni determinano anche un diverso atteggiamento nel ballo: gli stili cubani sono chiusi, terreni e nascono dalle condizioni degli schiavi spesso incatenati; gli stili portoricani, invece, sono caratterizzati dal portamento e dall'abbigliamento tipicamente europeo.

martedì 22 febbraio 2011

Il medaglione magico

L'uccellino sul ramo...


Da un piccolo gioco possono uscire grandi effetti che hanno dell'incredibile. Con il semplice uso delle mani si possono mostrare, agli occhi attenti degli spettatori, meraviglie in movimento che hanno del fantascientifico. Da due immagini ben distinte, e sovrapponibili, ne esce una terza che è la somma visiva delle prime due. Questo non è un gioco animato perché i due disegni non danno l'illusione del movimento. La parte che si muove è il medaglione, ma l'immagine che risulta è ben ferma.

Il suo nome scientifico è "taumatropio" che letteralmente significa "meraviglia in movimento". E' stato inventato nel 1825 da un dottore londinese (J. A. Paris), ma la paternità è rivendicata anche da un altro collega, il signor Fitton. A parte queste disquisizioni, il gioco da quell'anno crea illusioni che hanno del meraviglioso.

Se i nostri occhi vedono le due immagini fondersi è grazie alla persistenza retinica: due immagini che si alternano rimangono impresse nella retina per una frazione di secondo, e questo fatto fisico ci fa credere che è nata una terza immagine del tutto nuova.

Materiale:
  • cartoncino, o carta spessa;
  • cannuccia o spiedino;
  • colla;
  • pinzatrice;
  • forbici;
  • colori.
Realizzazione:
Il sito "Made by Joel" propone una versione stampabile di un semplice taumatropio. Basta stampare il file sul cartoncino, colorarlo, tagliarlo seguendo i contorni ed incollare i due dischi di cartoncino ottenuti facendo coincidere i due segnettini posti nella parte bassa del disegno. All'interno dei due dischetti va poi inserita una cannuccia o uno spiedino in modo che sia possibile far girare i disegni.

Per i più intraprendenti segnalo anche i passaggi per costruire tutto da soli:
  • aiutandosi con un bicchiere o con un compasso tracciare e ritagliare due cerchi uguali dal cartoncino;
  • su uno disegnare il contenitore (gabbia, vasca del pesce, ...) e sull'altro il contenuto (uccellino, pesce, ...) che deve essere più piccolo del contenitore;
  • incollare le due facce interne dei cartoncini con una delle due ribaltata rispetto all'altra;
  • inserire tra i due cerchi l'elastico;
  • collaudare il funzionamento del medaglione facendo ruotare l'elastico con le dita.

Tratto da: Giocare con le immagini, C. Z. Baruffi, EDuCatt

venerdì 18 febbraio 2011

Salvador Dalì

Salvador Dalì è un artista un po' fuori dal reale, che ha incontrato anche Walt Disney

Salvador Dalì (1904-1989) è stato un grande pittore spagnolo che partendo da studi classici è arrivato alla pittura surreale: una forma d'arte che vuole esprimere le sensazioni, i pensieri e i sogni e dunque mette sulla tela immagini che vanno al di là di quello che possiamo vedere nella realtà.

Paesaggio con fanciulla da http://www.spaziodonna.com

Dalì è stato anche un personaggio molto eccentrico, che amava stupire il suo pubblico con le sue opere e con il suo stile di vita: amava vestirsi in maniera molto originale e portava due enormi baffi arricciati all'insù.


Salvador Dalì e Walt Disney, due grandi artisti diversi ma entrabi geniali, si sono incontrati nel 1945 in America per produrre insieme un cortometraggio. Furono fatti molti progetti e disegni, ma il lavoro non fu terminato.


"Destino", questo p il titolo del cortometraggio, fu completato dagli studios Disney di Parigi e distribuito nel 2003 all'interno di "Fantasia 2000".
Il corto, che dura 6 minuti, è una storia d'amore in puro stile Disney: si narra il viaggio di una ballerina che intenta a cercare l'amore, vaga per paesaggi inquietanti e desertici, paesaggi che ovviamente ricalcano il classico alfabeto dei quadri di Dalì (orologi molli, torri oscillanti e manichini).


La striscia "Topolino e il surreale viaggio nel destino", apparsa sul numero 2861 di Topolino nasce dal genio di Giorgio Cavazzano e Roberto Gagnor.
Cavazzano, alla domanda di come spiegherebbe Dalì a chi non lo conoscesse risponde: "Direi che Dalì è un Paperoga... con il pennello in mano".
In questa storia Paperino e Pippo si sono adattati benissimo alle immagini surreali mentre Topolino ha donato il tocco poetico.

Tratto da: Topolino, 28 Settembre 2010

giovedì 17 febbraio 2011

La danza contemporanea

La "modern dance", non traducibile in pieno in italiano con danza moderna, nasce all'inizio del '900 in America e in Germania rifacendosi al pensiero François Delsarte; che studiò come il corpo si muove, si comporta e reagisce fuori dalla scena, nelle diverse situazioni che si verificano nella vita reale.
La "modern dance" nasce in ambito educativo, da donne che usano questa forma artistica per generare mutamenti socio-culturali profondi. Queste donne propongono una nuova danza, libera dagli schemi della danza accademica francese, italiana e russa.

Nel '900 si inizia a mettere a tema il problema del:
  • codice, cioè della pantomima creata da Bournonville per cui ad ogni gesto corrisponde uno e un solo significato;
  • sistema, cioè un insieme di segni che possono significare ogni cosa.

Martha Graham, che negli anni '40 diventa il simbolo dell'americanità, propone una danza anti-accademica che vuole esprimere sentimenti e passioni.

Lo scoppio della bomba atomica, in ambito coreutico, influenza soprattutto il lavoro di due coreografi: M. Cunningham e Nikolais.

Cunningham sceglie di abbandonare il pensiero occidentale per abbracciare quello orientale.


Cage, compagno nella vita e nel lavoro di Cunningham, introduce nella danza l'idea di "flusso nel movimento". I pezzi prodotti dalla coppia vengono detti "aleatori": Cage componeva la musica, Cunningham montava delle sequenze e, al momento della prima, venivano tirati i dadi e si decisa la sequenza delle musiche e dei movimenti. L'unico accordo precedente riguardava la durata ma nulla impediva ai ballerini di iniziare a danzare a metà della musica.

Secondo Nikolais, invece, l'uomo deve spersonalizzarsi, non essere più al centro delle sue produzioni.


Per spersonalizzare i suoi ballerini, Nikolais utilizza costumi e maschere e li costringe, spesso, a tirare delle corde. Nikolais, con il suo lavoro, crea una pedagogia in cui vuole insegnare la "qualità del movimento".

Negli anni '60 la nuova generazione inizia a definirsi "post-modern". Questi artisti sotto la guida di Dan, iniziano a mettere in scena "esercizi" e "compiti" come tendere un elastico.
Il movimento "post-modern" è passato per tre fasi:
  • fase analitica, in cui si è ricercato cosa ci fosse prima della Graham e si sono analizzati tutti i movimenti;
  • fase politica, in cui si sono create coreografie con tematiche sociali;
  • fase repertorizzativa.


Nella fase analitica viene introdotta l'utopia del "corpo naturale". Un'utopia, in quanto è sempre un corpo culturale che viene messo in scena, anche se è quello di un non professionista.

In Italia la danza contemporanea nasce negli anni '80 con i "Sosta Palmizi" dopo uno stage a Venezia con C. Carlson. In realtà negli anni '20 una prima esperienza di danza contemporanea si è sviluppata in casa Gualino a Torino, dove nasce la prima scuola di danza moderna nel nostro paese.

mercoledì 16 febbraio 2011

Arcimboldo - stravaganze di natura

Ritratti composti con la frutta, verdura, animali e radici: gli scherzi geniali di un artista

Chicchi d'uva la posto dei denti, un cetriolo per naso, un gatto a forma di bocca, una barba di radici, fiamme che diventano capelli e spighe per colletto. Più si guardano e più i ritratti dipinti "per scherzo" dal pittore milanese Giuseppe Arcimboldo svelano particolari che al primo guardo sfuggono. E mentre quei volti incredibili si fanno pian piano sfogliare come veri e propri manuali di botanica e di zoologia, lo stravagante artista, chiamato a Vienna nel 1562 dall'imperatore Massimiliano II d'Asburgo e al quale è dedicata una mostra a Palazzo Reale a Milano, dà sfoggio di conoscenze e primizie.

Vertumnus

Alla corte austriaca, dove arrivò a trentasei anni, fu infatti tra i primi a veder crescere i pomodori, il granoturco e le melanzane, a osservare da vicino le tigri e rari esemplari di falco. Erano piante e animali a quei tempi ancora sconosciuti in diverse parti dell'Europa. La sua fortuna fu perciò d'essere stato assunto come ritrattista da un sovrano che era soprattutto un collezionista sfegatato. [...] Così Arcimboldo, che da piccolo era rimasto affascinato dalle teste bizzarre e goffe con nasi a patata disegnate da Leonardo da Vinci, si specializzò nei "capricci", l'arte di liberare la fantasia e di prendere in giro il prossimo pescando a piene mani dalla natura.

Arcimboldo

Da: Popotus, 5 Febbraio 2011

Rodin, il genio del non finito

A Legnano vent'anni di scultura dell'artista francese, con alcuni tra i più celebri dei suoi capolavori

[...] Nato nello stesso anno di Claude Monet, e nello stesso mese di novembre, Auguste Rodin (1840-1917), il più grande scultore dell'Ottocento, era destinato a raccogliere e trasmettere le eredità del passato agli artisti del futuro; rappresentò, come il pittore, una fine e un principio. [...] La sua vita è un convulso alternarsi di passioni e delusioni, amicizie e rotture clamorose, commissioni importanti e incomprensibili interruzioni, dove all'aspirazione a una modesta vita piccolo borghese si giustappongono episodi da principe, come quando Isadora Duncan danzò per lui nei boschi di Vèlizy.

La Porta dell'Inferno

[...] Rodin trasformò il non-finito, che per Michelangelo era stato una sofferenza quotidiana e la concreta impossibilità di raggiungere un ideale realmente compiuto, e lo tradusse in un vero stile, come se il ripensamento, il dubbio, l'aspirazione a dire l'indicibile potessero diventare un "modo" dell'arte: il centro fluido della Porta dell'inferno a tutto somiglia tranne al bronzo, e inquieta, promette, non riesce a far fermare lo sguardo. E ruota, sempre in movimento.

Il bacio

[...] Lo snodo centrale dell'opera di Rodin consiste nel rapporto tra il sentimento michelangiolesco e il reale legame con la scultura del genio rinascimentale. In apparenza tutto porta a Michelangelo: la forza, la forma, la proporzione, la misura. Ma dentro, all'interno della statua, l'opera è percorsa da un fiume sottile di lava incandescente che sembra raffreddarsi di colpo, indurirsi e darsi solo per quell'attimo.
[..] La mostra in corso a Legano è la più importante che sia mai stata dedicata a Rodin in Italia e permette di osservale l'evolversi del suo stile fin dalla giovinezza attraverso una serie di capolavori.

Auguste Rodin. Le origini del genio (1864-1884)

Da: Luoghi dell'infinito n° 148, Febbraio 2011 pagg 60-65