mercoledì 29 maggio 2013

Tappe e principi dell'intervento di Comunicazione Aumentativa

L'unico vero prerequisito
per comunicare è respirare.
Pat Mirenda (1991)


Dopo il mio primo post sulla C.A.A. (Comunicazione Aumentativa Alternativa) eccomi di nuovo qui a parlarvene dopo un interessante evento organizzato presso la Fondazione IRCCS Ca' Granda - Ospedale maggiore policlinico di Milano.

Quando progettiamo e ci troviamo all'interno di un progetto di C.A.A. è bene tenere presenti alcuni comportamenti distorti che vengono solitamente messi in atto sia dai parlanti che dai non-parlanti.
I parlanti, di fronte a qualcuno che che non parla:
  • tendono a parlare sempre loro,
  • tendono a parlare a voce più alta,
  • semplificano il messaggio,
  • stereotipizzano la comunicazione riducendo le funzioni comunicative.
Dall'altra parte, i non-parlanti:
  • tendono ad essere passivi,
  • rinunciano spasso a comunicare se non vengono capiti,
  • hanno scarsa consapevolezza della loro scarsa comprensibilità,
  • riducono il numero degli interlocutori ad alcuni privilegiati.
Tenuto conto di questi limiti, nella fase progettuale di un intervento di C.A.A. che tenga conto della visione di più esperti, bisognerebbe seguire alcune buone prassi che comprendano:
  • la definizione degli obbiettivi nel presente tendendo un occhio al futuro;
  • lavorare con e nel contesto di vita, questo significa lavorare soprattutto con i partner comunicativi ed aumentare la partecipazione e l'autonomia del soggetto interessato dall'intervento (attenzione al rischio di concentrarsi solo sui bisogni);
  • partire dalle abilità esistenti e dalle preferenze/interessi;
  • non effettuare verifiche prestazionali continue;
  • strutturare un ambiente facilitante, cioè un ambiente che conduca alla comunicazione intenzionale;
  • consentire maggior controllo e prevedibilità. Questo punto si realizza prima di tutto avendo ben chiaro che prima di "pretendere" un output è necessario fornire input, questo perché si abbassa l'ansia e si espone l'interessato all'intervento di C.A.A. alla lingua.
    La C.A.A., inoltre, essendo un linguaggio visivo è statica e prevedibile e permette di ritornarci quante volte si vuole;
  • offre opportunità di effettuare scelte;
  • solo nei casi in cui si utilizzino ausili a scansione è necessario sviluppare ed affinare il "sì" ed il "no";
  • affinare un sistema di indicazione/puntamento;
  • costruire, condividere ed aggiornare un vocabolario di immagini che permetta di comunicare su tutti i temi salienti (per i piccoli possono essere i cartoni animati, ma anche queste tabelle vanno aggiornate periodicamente seguendo le "mode" del momento);
  • sviluppare un sistema multimodale su misura che magari metta insieme immagini e VOCA
  • introdurre, sin da subito, l'utilizzo dei libri in simboli per sostenere la comunicazione in entrata. E' importante, inoltre, che tutto il testo sia tradotto in simboli.

E' utile ricordare che le immagini dovrebbero essere in bianco e nero in quanto il colore distrae molto.

martedì 28 maggio 2013

LEGGERE E' (DA) GRANDE: Fiabe e sviluppo dell'intelligenza emotiva

Per parlare di fiabe e del loro utilizzo per sviluppare l'intelligenza emotiva è utile partire dal definire questo tipo di intelligenza contrapponendola alla più nota intelligenza cognitiva.

L'intelligenza cognitiva riguarda il capire la realtà, il conoscere gli avvenimenti ed il sapere come operare nel mondo. L'intelligenza emotiva, invece, concerne il conoscere le esperienze proprie ed altrui e comprendere queste esperienze. In quest'ottica l'esperienza si configura come un accadimento soggettivo diverso da persona a persona che si fonda su un'emozione.
Parlare di sviluppo dell'intelligenza emotiva significa sviluppare anche due concetti ad essa collegati: la funzione riflessiva (che Fonagy ha definito come la capacità di cogliere gli stati mentali propri ed altrui) e l'empatia, cioè la capacità di risuonare con le emozioni degli altri.


La soggettività inizia svilupparsi ad un'ora dalla nascita e si esprime attraverso l'imitazione. Questa primissima forma di imitazione è ancora più potente dei neuroni specchio perché in questo tipo di esperienza c'è una risposta motoria intenzionale.
A tre mesi nell'imitazione motoria e vocale vicendevole si possono inserire delle variazioni, mentre dai sei mesi all'intersoggettività primaria (rapporto 1:1) inizia a svilupparsi anche l'intersoggettività secondaria (due soggetti verso un'altro).
Il riconoscimento di sé come soggetto:
  • percepiente,
  • senziente,
  • desiderante,
  • efficace,
  • che vive nel tempo,
  • che ha una storia,
è essenziale per qualunque tipo di esperienza come quella di lettura ed alta voce.

Un'ulteriore passo verso la fruizione consapevole di storie è racconti è dato dal gioco, un accadimento nello stesso tempo reale (accade veramente) e finto ("facciamo finta di...") in cui si inserisce quello che Winnicott chiama "oggetto transizionale", cioè un qualcosa che sta "tra me ed il mondo".


Secondo Renata Gaddini se il bambino è lasciato libero di scegliere l'oggetto transizionale, sceglierà qualche cosa che gli ricordi la tessitura del vestito che la mamma indossava la prima volta che l'ha preso in braccio.

Il gioco permette lo sviluppo dell'immaginazione, una competenza il cui sviluppo deve avvenire prima della lettura delle storie.
In particolare l'immaginazione ha alcune proprietà e caratteristiche:
  • la fantasia avviene nella mente,
  • la fantasia amplia lo spazio mentale,
  • la fantasia incrementa l'imitazione complessa attraverso l'immedesimazione nei personaggi delle storie.

Quando ci troviamo a dover scegliere cosa raccontare o leggere è bene ricordare che i bambini sono attratti dalle esperienze più che dai fatti. Esperienze che possono essere vissute, nei racconti, senza sperimentarle sulla propria pelle e senza conseguenze. Si impara, quindi, da un'esperienza riflessa che offre un modo protetto ma vero di sperimentare quell'emozione.
Offrire molte esperienze e la lettura di queste è essenziale per non creare aree ceche del sé. Queste aree su formano quando il bambino vive le emozioni senza riconoscerle perché nessuno ha risuonato quando ha vissuto quella particolare emozione. Questo non significa che sia essenziale dare un nome alle emozioni ma che è molto importante entrare in empatia con il bambino perché è questa che aiuta i piccoli:
  • a riconoscere l'emozione,
  • a capire che l'emozione è superabile,
  • a sentirsi appartenente al genere umano.
Le fiabe classiche sono ottimi esempi di racconti ricchi di esperienze ed emozioni che presentano al bambino il meraviglioso: dalla vita devi aspettarti tante cose, tu non sai tutto ma puoi andare a conoscerlo. Questo è essenziale perché permette al bambino di capire che si può imparare.

mercoledì 22 maggio 2013

Santa Rita da Cascia

Noi in parrocchia l'abbiamo festeggiata ieri ma ricorre oggi Santa Rita da Cascia.


Margherita Lotti nacque a Roccaporena, un borgo vicino a Cascia (PG), nel 1381, da genitori molto anziani che nella città umbra si prodigavano a mettere pace tra le fazioni guelfe e quelle ghibelline.
Il primo evento miracoloso raccontato dalla tradizione sulla vita di Santa Rita è la leggenda delle api, che avrebbero deposto il loro miele sulle labbra della piccola ancora in culla.

In giovane età Rita desiderava farsi suora ma i genitori la indirizzarono verso un matrimonio organizzato con Paolo Mancini, ufficiale comandante della guarnigione di Collegiacone. Da Paolo Rita ebbe due gemelli: Giacomo Antonio e Paolo Maria.
Dopo circa diciott'anni di matrimonio il marito di Rita venne ucciso, probabilmente da ex-amici per rancori passati, in piena notte mentre rincasava. Rita perdonò subito gli assassini di suo marito ma si angosciò profondamente quando capì che i figli avevano tutte le intenzioni di vendicare il padre. Si affidò allora alla preghiera, auspicando addirittura la morte fisica dei suoi figli piuttosto che vederli responsabili di atti di violenza. Poco tempo dopo Giacomo Antonio e Paolo Maria si ammalarono contemporaneamente ed entrambi morirono.

Ormai rimasta sola Rita tentò per tre volte di entrare nel Monastero di Santa Maria Maddalena ma solo alla quarta riuscì ad entrare grazie alla sua fede che impedì lo spargimento di altro sangue ponendo pace tra la famiglia del marito e quella dell'assassino. La leggenda vuole che Rita fu portata in volo dentro le mura del convento dai suoi tre santi protettori dallo scoglio di Roccaporena.


Nella nostra parrocchia si usa benedire per tradizione dei mazzi di rose in questa occasione che vengono poi donati alle donne presenti alla funzione. Questa usanza sembra avere due origini:
  • le spine delle rose ricorderebbero la spina della corona di Cristo che Rita ricevette sulla fronte dopo aver partecipato alle celebrazioni di una passione officiata da Fra Giacomo della Marca;
  • la leggenda racconta che prima di morire Santa Rita chiese a sua cognata di portarle una piccola rosa nata in un anfratto vicino a Roccaporena.

venerdì 17 maggio 2013

Venerdì del libro: La famiglia CACCAPUZZA - con il gioco della casa puzzona!

Ultimamente al post scuola "cacca", "pipì" e "puzzette" sembrano le parole più in voga per trasgredire e quindi perché non proporre un libro pieno zeppo di queste parole?


Siete pronti, bambini?
Questo è un evento davvero eccezionale:
vi presentiamo una famiglia assai speciale!
Con il nome Caccapuzza si fanno chiamare
e la loro specialità è proprio puzzare!
Caccole dal naso, rutti e ogni schifezza
possono produrre con gran naturalezza.
Speriamo che con voi, cari bambini
possano diventare un po' più pulitini...
Vedremo se impareranno la lezione
e seguiranno la buona educazione!

Io ho deciso di partire da questo volume per presentare questa strana famiglia protagonista di un serie di libri che piacciono molto ai bambini ma non vengono molto spesso scelti dai genitori.


In questo volume viene presentata l'intera famiglia con tutte le stranezze: c'è il piccolo Cesarino amante del moccio, c'è Gilberto esperto di caccole, le sorelle che amano il cerume delle orecchie, le gare di rutti, le puzzette di mamma e papà, la cacca di Vittoria detta la "capretta",... E al termine del libro un bellissimo gioco dell'oca in tema Caccapuzza.


Usando le rime Sara Agostini e Marta Tonin presentano con molta simpatia come non ci si dovrebbe comportare facendo riflettere anche i più piccini.

martedì 14 maggio 2013

Post scuola: festa della mamma

Anche noi al post scuola abbiamo realizzato un piccolo regalino per la festa della mamma, che come ogni anno si è svolta la seconda domenica di maggio.
In Italia questa festa venne introdotta nel 1956 su iniziativa dell'allora sindaco di Bordighera e l'anno successivo da don Otello Migliosi in Umbria.

Noi per le mamme abbiamo realizzato dei segnaporta


La realizzazione è molto semplice e può essere svolta in pienissima autonomia anche da bambini della scuola dell'infanzia.
Per prima cosa abbiamo scelto un "rivestimento" da attaccare sul retro del segnaporta in modo da renderlo più resistente. I bambini hanno poi colorato a loro piacimento il disegno, l'unica indicazione era di colorare i capelli della mamma del giusto colore e provare a scegliere che la mamma amasse per il vestito. Al termine ognuno ha tagliato il segnaporta seguendo il contorno.