martedì 1 marzo 2011

Perché raccontare e raccontarsi?

Narrazione e identità: come il sé si costruisce nel racconto e nell'incontrarsi con l'altro

In ambito psicologico la narrazione ha trovato una sistematicità nella "Native Psychology". L'idea di base di quest'ottica; nata in America; è che raccontare storie costituisce uno strumento culturale al servizio delle interazioni personali, finalizzato a creare e tramandare conoscenze.

Una definizione molto generica di narrazione è: "percezione di eventi che si susseguono nel tempo con azioni collegate da nessi casuali". In questa definizione viene introdotta, da subito, una grande soggettività che potremmo chiamare "io narrante".

La psicologia si è avvicinata alla narrazione anche grazie alla scoperta di due tipi di pensiero: quello paradigmatico e quello, appunto, narrativo.
Il pensiero paradigmatico, studiato dai cognitivisti, è il pensiero scientifico, che viene molto sviluppato nella nostra società.
Il pensiero narrativo, per molto tempo escluso dai processi educativi, mira alla comprensione e costituisce una risorsa funzionale alla comprensione dei rapporti interpersonali. Tema centrale del pensiero narrativo è l'"incertezza": il pensiero narrativo non spiega, interpreta lasciando spazio alla sperimentazione e all'errore.

La memoria autobiografica è un dispositivo di recente studio.
Perché un episodio possa entrare nella memoria autobiografica deve essere raccontato. Ogni nuovo evento, inevitabilmente, modifica la memoria precedente.
La memoria autobiografica è un dispositivo cognitivo che, a differenza degli altri tipi di memoria, si riferisce ad eventi esperiti personalmente. Questa memoria, nei bambini, si sviluppa nelle conversazioni con i genitori o con altri adulti di riferimento e viene utilizzata per costruire un'immagine di sé coerente e positiva.
La memoria autobiografica è connessa strettamente allo sviluppo del linguaggio e, per questo, i primi ricordi si attestano attorno ai 3 anni; i ricordi precedenti appartengono ad altri, come i genitori.
In questo contesto l'adulto ha diversi ruoli:
  • fornire momenti di dialogo in cui il bambino è sollecitato a ricordare;
  • prima dei due anni il bambino tende a ricordare in termini generali. In quest'età il bambino ha una memoria di routine, quindi l'adulto è chiamato a narrare quello che avviene;
  • il età prescolare i bambini iniziano a ricordare le cose non canoniche. In questa fase gli adulti sono chiamati a mantenere vive le routine;
  • gli adulti devono insegnare le strategie narrative, cioè formati narrativi coerenti. Le strategie narrative che vanno maggiormente promosse sono, ad esempio: la coerenza; il racconto di fatti veri; l'enfatizzare le parti interessanti; la possibilità di omettere parti;...
Rievocare episodi offre, invece, l'occasione di ripensare e spesso di elaborare nuove interpretazioni e letture di eventi accaduti e ora riletti insieme "agli altri".



Nel film "Kitchen Stories", film norvegese del 2003, si vede molto bene il passaggio dal pensiero paradigmatico al pensiero narrativo. Cambio di direzione che avviene nel momento in cui si verifica un imprevisto.

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