lunedì 11 luglio 2011

Il "corpo" di Merleau-PontyArteau

Guardando al '900 non si trovano nuovi "modelli di corpo" se non quelli di Platone, Spinoza e Nietzche rivisti.


Merleau-Ponty (1908-1961) considera la percezione come un evento: percepire le cose significherebbe viverle. La corporeità, quindi, è la base della soggettività che pensa alla realtà.
Il corpo è il punto zero che permette, da un certo orientamento, di definire gli "altrove".

Merleau-Ponty, inoltre, considera il corpo come un organismo sessuato: l'affettività esprimerebbe il modi di stare al mondo. Il corpo, però, non si esaurisce nella sessualità, in quando ha sempre una spinta trascendente e trasformativa.
L'intersoggettività, in questo pensiero, è intercoporalità ed è preriflessiva; cioè è composta dalla trama degli affetti, dal piano sensoriale.

In un'opera postuma viene elaborata il concetto di "carne" che apparterrebbe a tutte le cose. L'incontro, quindi, avverrebbe sempre in una relazione di carne.

Questo autore affronta anche il tema della comunicazione ed in particolare:
  • parola parlante (gesti del corpo, affetti);
  • parola parlata (parole, voce).
Negli anni in cui scrive e lavora Merleau-Ponty in teatro vengono rappresentate le opere di Samuel Beckett che segnano la scollatura tra parola e corpo: di fronte al proliferare della parola il corpo si ingessa ed appare apatico, solo, non organico, senza fine e tragi-comico.


Artaud, invece, vuole sprigionare sulla scena emozioni.


"Per farla finita col giudizio di Dio" di Artaud è una registrazione per la radio incisa nel Novembre del 1947 e trasmessa solo nel 1986.
Il "giudizio di Dio" del titolo è l'assoggettarsi del corpo alla ragione: Dio è ciò che costringe la vita.

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