sabato 18 febbraio 2012

"Dance me to the end of love"

Per parlare del "dar forma alla vita" dal punto di vista artistico e filosofico riprendo quando oggi, nel corso del convegno Artistica-mente, Guido Boffi ha avuto modo di illustrare alla platea.

Per introdurre questo tema può essere utile ascoltare una famosissima canzone, che da il titolo al mio post:

“Conducimi fino alla tua bellezza con un violino ardente
conducimi attraverso il panico finchè potrò essere al sicuro
alzami come un ramo d’ulivo
e diventa la colomba che mi riconduce a casa
conducimi fino alla fine dell’amore

Oh fammi vedere la tua bellezza
quando le prove sono perdute

Fammi sentire il tuo movimento come fanno in Babilonia
mostrami lentamente ciò di cui solo io conosco i limiti
conducimi fino alla fine dell’amore
conducimi fino alla fine dell’amore

Conducimi alla cerimonia nuziale ora, conducimi senza fermarti
conducimi molto teneramente e molto a lungo
siamo entrambi inferiori al nostro amore, siamo entrambi superiori
conducimi fino alla fine dell’amore
conducimi fino alla fine dell’amore

Conducimi ai bambini che chiedono di nascere
conducimi attraverso i sipari che i nostri baci hanno logorato
alza una tenda di difesa ora, anche se ogni filo è lacerato
conducimi fino alla fine dell’amore

Conducimi fino alla tua bellezza con un violino ardente
conducimi attraverso il panico finchè potrò essere al sicoro
toccami con le tue mani nude o toccami con il tuo guanto
conducimi fino alla fine dell’amore
conducimi fino alla fine dell’amore
conducimi fino alla fine dell’amore”.

Leonard Cohen, parlando in un'intervista di questa canzone, afferma che è nata dallo scoprire che, accanto ad alcuni forni crematori, nei lager suonava un quartetto d'archi.

Un'altra suggestione utile per partire nella riflessione sull'arte e il dare forma alla vita può essere quella di osservare alcuni disegni realizzati da giovanissimi ragazzi nel campo di concentramento di Terezin e conservati nel museo Ebraico di Praga:




In questo campo di concentramento dal 1941 vennero rinchiusi i bambini e gli artisti: due categorie considerate improduttive.
Dallo spirito di questi artisti, che si organizzarono per educare i bambini presenti nel ghetto, nascono moltissime testimoniante; molte delle quali grafiche e 66 poesie.
La cosa che colpisce maggiormente nei disegni di questi ragazzi è il palpitare della vita attraverso i colori. Queste forme d'arte permettono di non soccombere alla morte almeno mentalmente.

Ma questi disegni possono essere definite opere d'arte?
Sicuramente sono forme immature, incomplete, la cui definizione artistica dipende fortemente da cosa si intende per arte.
La definizione Settecentesca di "arte" vede l'opera come un prodotto autonomo, formalmente perfetto che non ha nessuna utilità pratica. Con l'avvento delle avanguardie, invece, prende forma l'idea di performance.
Secondo questi artisti la performance sarebbe un'azione scenica improvvisata che nasce da un gesto di co-ricerca e come tale non produce un'opera perfetta o bella. La performance è un evento istantaneo, non un'opera. In questa concezione il performer e gli spettatori sono chiamati a trasformarsi, non a vivere l'opera passivamente.

I due esempi proposti all'inizio della riflessione propongono una "bellezza" molto simile a quella della performance; una bellezza non più estetica ma etica.
"Dare forma alla vita" significa quindi immergersi in una performance, in una potenzialità di felicità per sé e per il proprio gruppo.


1 commento:

  1. Credo sia riuscita egregiamente a parlare del senso estetico della bellezza. Grazie

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