mercoledì 16 marzo 2011

Il Cavallo rosso

In questo clima di festa nazionale volevo segnalare un libro che mi era stato consigliato durante l'ultimo anno delle scuole superiori.


Uscito nel maggio 1983, "Il cavallo rosso" di Eugenio Corti è stato considerato un grande caso letterario. Grande sia per la mole di pagine che accompagnano il lettore tra il 1940 e il 1974 sia per il successo riscosso.
Le vicende raccontate si intrecciano con i grandi avvenimenti della storia italiana ed europea. Catturato dalla trama, il lettore gioisce, soffre, ride, piange e cresce insieme con i protagonisti e gli altri personaggi del romanzo che si muovono tra la Brianza e altri luoghi d'Italia, nonché all'estero soprattutto in Russia e in Germania.

Oltre l'Oceano questo romanzo è stato così recensito da P. Milward, professore emerito della Sophia University di Tokyo:

Quel è il più grande romanzo del Ventesimo secolo? Come al solito differenti persone hanno opinioni differenti. Molti voti sono stati espressi a favore di "Ulysses" di James Joyce... Molti inoltre si sono chierati a favore de "Il signore degli anelli" di Tolkien... Ora io ho un terzo voto da assegnare in favore di un recente romanzo italiano che è stato paragonato in non poche riviste a "Guerra e pace" di Tolstoj... Sto parlando de "Il cavallo rosso" di Eugenio Corti, uscito nel 1983... e pubblicato in inglese dalla Igantius Press nel 2000. Per la lunghezza, che nella versione inglese supera le mille pagine, potrebbe benissimo essere paragonato a "Il signore degli anelli", e la quantità è confermata dalla qualità... L'autore emerge come testimone della Chiesa cattolica dei tempi moderni, non solo nell'Italia del dopoguerra, ma anche, e ancor più, nel mondo dopo il Concilio Vaticano II... E' veramente la più grande opera epica cattolica... Non solo è la mia scelta favorita come migliore libro del Ventunesimo secolo, ma considerando la data di traduzione in inglese, chiede d'essere messo in lizza anche per il Ventunesimo secolo.

Questa idea di una storia "cattolica" può essere applicata anche agli eventi che vengono festeggiati quest'anno: il Risorgimento.
La visione cattolica del Risorgimento vede questo periodo storico iniziare con l'invasione di Napoleone che giustifica le sue spedizioni con l'ideale della "Libertà", libertà che in questa interpretazione viene intesa come liberazione dal cattolicesimo e, come nodo centrale, la questione dell'"istruzione".
Durante il Risorgimento la libertà di insegnamento non è stata affermata in modo forte e chiaro come ad esempio è stata affermata la libertà di stampa.
Massimo D'Azeglio; celebre per la sua frase: "L'Italia è fatta, ora bisogna fare gli italiani"; vorrebbe che gli italiani smettessero di essere superstiziosi e vorrebbe imporre delle idee illuministe. Per fare questo i Padri del Risorgimento sciolsero tutti gli ordini insegnati e impedirono ai cattolici di insegnare nelle scuole pubbliche.
Nel 1851 Spaventa affermava che la libertà dovesse valere per tutto e tutti tranne che per la scuola in quanto si sarebbe partiti da una situazione di disuguaglianza in cui le scuole cattoliche erano più numero di quelle comunali.
Nel 1887, una circolare massonica affermava che dovevano essere i Massoni ad occuparsi dell'istruzione, che non bisognava dare "patenti" ai cattolici e che i sindaci dovevano scegliere insegnati neutri o anticattolici perché la scuola doveva essere "libera" dal cattolicesimo. Se questo piano non fosse riuscito, si proponeva di far credere che il clero fosse ottuso, bigotto e predicatore di falsi valori.
Mazzini, nel 1971 a Risorgimento finito, conia il termine "libertà d'istruzione": la propaganda non andava più bene, lo Stato doveva diventare il padrone dell'istruzione per insegnare i principi liberali.
In Italia ci sarebbe, quindi, un monopolio assoluto dell'istruzione, sorvegliato da organi burocratici.


Un film del 1972, "Bronte, cronaca di un massacro che i libri di storia non hanno raccontato" di F. Vancini, la rivolta scoppiata a Bronte dopo lo sbarco di Garibaldi in Sicilia. Garibaldi, nel tentativo di ristabilire l'ordine, invia Nino Brixio in città e lo invita ad applicare lo stato d'assedio. Costituito un tribunale di guerra circa 150 persone vengono giudicate e 5 di queste condannate all'esecuzione capitale. Alla luce delle ricostruzioni successive verrà appurata l'innocenza dei condannati fra i quali l'avvocato Nicola Lombardo.

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